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Giorgio conosce bene questa impietosa lezione e anche lui la subisce, ma io so che ormai, e dopo, fino a quando ci sarà possibile incontrarci e ancora discutere d’arte e di letterature, di musica e di teatro, di storia e di problemi sociali, e ancora andare alla ricerca del calore dell’uomo « primitivo », ebbene io riceverò dalla sua parola e dal suo esempio altre prove persuasive della possibilità di interpretare il nostro mandato esistenziale secondo le regole suggerite dall’intelligenza e dall’amore per il prossimo.
Un’utopia? Forse. Ma anche un’ipotesi che ci conforta e ci aiuta a vivere.
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Credo sarà palese a tutti la sua forza di pittore. Si potrà discutere più o meno, se volete, sulla impostazione del quadro od altro. È evidente che Celiberti si è mosso e non nel gusto riperibile e standardizzato dei più che fanno la pittura “alla maniera di…Non parleremo di punti d’arrivo, anche perché questi punti d’arrivo in un giovane diciannovenne significherebbero arrivi d’altri.
Tuttavia il caso Celiberti va seguito inoltre per quell’impegno e quel vigore che rivelano un giovane fortemente nato alla pittura, estraneo alla superficialità arrivistica dei troppi giovani improvvisati senza destino.
Emilio Vedova
(in Giorgio Celiberti, catalogo della mostra, Galleria Sandri, Venezia, 1949)

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